Il Club degli Orafi e Intesa Sanpaolo hanno realizzato per la prima volta un’inchiesta presso i soci del Club degli Orafi, associazione che riunisce le più importanti aziende dell’industria orafa italiana, che completa e integra i risultati quantitativi sul settore contenuti nella Scheda Statistica, pubblicata dal 2005.
L’inchiesta, condotta prima della guerra in Ucraina ma aggiornata negli ultimi giorni, conferma gli ottimi risultati del 2021: quasi il 60% degli intervistati o non ha subito cali del fatturato nel 2020 o li ha già completamente recuperati nel 2021.
L’indice di fatturato ISTAT mostra una crescita dell’oreficeria e bigiotteria di oltre il 50% nel 2021 che porta i livelli del 17% al di sopra di quelli del 2019, un dato nettamente superiore alla media manifatturiera (+9%) e soprattutto agli altri comparti della moda, cha ancora soffrono di un gap nei confronti del pre-pandemia.
Cruciale per il recupero del settore la straordinaria competitività sui mercati internazionali, con le esportazioni che hanno toccato il record storico di 8,5 miliardi di euro per l’oreficeria e bigiotteria e di 7,5 miliardi per i soli gioielli in oro, grazie agli ottimi risultati conseguiti su tutti i mercati, in particolare gli Stati Uniti che rafforzano il proprio ruolo di primo sbocco.
In un quadro di diffuso ottimismo, con oltre il 73% delle imprese che si aspettava una ulteriore crescita del fatturato nel 2022, l’inchiesta presso i soci del Club degli Orafi evidenziava, già a gennaio, tra le principali criticità i prezzi delle materie prime e i ritardi negli approvvigionamenti, difficoltà esacerbate dall’invasione russa dell’Ucraina: circa il 78% degli intervistati dopo il conflitto evidenzia un impatto negativo, con l’incremento dei prezzi delle materie prime come maggiore criticità indicata da tutti i partecipanti all’indagine.
Significativa la capacità di reazione: il 30% delle imprese dichiara di stare pensando a modifiche organizzative in seguito allo scoppio del conflitto, in particolare attraverso una revisione dei canali di approvvigionamento ma anche dei listini e dei canali di vendita.
La reattività delle imprese è basata su un’elevata propensione all’investimento: il 60% dei rispondenti dichiara di aver aumentato i propri investimenti nell’ultimo biennio, nonostante la pandemia, con una particolare attenzione nei confronti della formazione e del capitale umano, che ha ricevuto il massimo dei punteggi in termini di priorità ed è stato indicato solo dal 5% del campione come “non rilevante”. Seguono la digitalizzazione della fase produttiva, la Ricerca e Sviluppo e la valorizzazione del marchio.
I risultati dell’inchiesta presentata il 19 marzo 2022 nel corso di VicenzaOro integrano e completano l’analisi quantitativa contenuta nella Scheda Statistica che il Club degli Orafi e la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo pubblicano dal 2005, rinnovando una collaborazione che valorizza le conoscenze del mercato degli operatori attraverso l’analisi dei principali dati statistici ufficiali sul settore.
L’inchiesta, realizzata prima della guerra in Ucraina ma aggiornata negli ultimi giorni, conferma gli ottimi risultati del 2021: quasi il 60% degli intervistati o non ha subito cali del fatturato nel 2020 o li ha già completamente recuperati nel 2021.
Rilevante è anche la propensione all’investimento, con il 60% dei rispondenti che dichiara di aver incrementato le proprie spese nell’ultimo biennio, nonostante la pandemia, diretti a sostenere una serie di interventi strategici in materia di formazione, capitale umano, digitalizzazione dei processi produttivi, R&S e valorizzazione dei marchi.
Anche le attese per il 2022 erano orientate positivamente, prima dello scoppio della guerra in Ucraina: oltre il 73% dei rispondenti si aspettava un ulteriore crescita del fatturato, in uno scenario che si presentava favorevole, in particolare per il segmento dell’alta gamma e su alcuni mercati, come gli Stati Uniti, tornati ad essere i principali acquirenti del Made in Italy del gioiello.
L’emergenza creata dall’escalation bellica colpisce, pertanto, il settore in una fase molto favorevole, facendo emergere delle ombre in un quadro che resta nel complesso positivo: l’ulteriore inchiesta realizzata dopo il 24 febbraio, evidenzia come circa il 78% degli intervistati preveda un impatto negativo, legato in particolare all’incremento dei prezzi delle materie prime, tema che emergeva come principale criticità anche nelle risposte antecedenti al conflitto, insieme ai ritardi negli approvvigionamenti, che avevano portato il 40% dei rispondenti a ripensare le proprie forniture a favore degli operatori italiani della filiera.
La capacità di reazione degli operatori è comunque elevata: il 30% delle imprese dichiara di stare pensando a modifiche organizzative in seguito allo scoppio del conflitto, in particolare attraverso una revisione dei canali di approvvigionamento ma anche dei listini e dei canali di vendita.
Giorgio Villa, Presidente del Club degli Orafi Italia “I dati 2021 confermano quanto abbiamo percepito come imprenditori: quello orafo è un comparto che ha saputo reagire bene alle difficoltà, continuando a investire, innovare e puntando fortemente sul capitale umano. Questo ha consentito alle aziende italiane di arrivare strutturate ad affrontare questa nuova crisi. Sicuramente le incertezze e le criticità legate principalmente ai costi e alla disponibilità delle materie prime generano preoccupazioni, ma, come emerge dalla lettura dell’indagine qualitativa, permane nel settore un cauto ottimismo. Il momento è difficile per tutti ma c’è alla base un tessuto imprenditoriale sano e solido con prospettivi reali e un sentimento positivo”.
Stefania Trenti, Responsabile Industry Research, Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo “Il settore orafo italiano ha evidenziato nel 2021 una straordinaria capacità di reazione: dopo il crollo del mercato subito nel 2020, il settore ha conosciuto un boom di vendite che ha portato, unico tra i comparti del Sistema Moda, a recuperare interamente quanto perso durante la pandemia, raggiungendo livelli record delle esportazioni. Tali risultati sono il frutto dell’ottima competitività degli operatori italiani e degli investimenti fatti negli scorsi anni per valorizzare l’elevato livello di know-how e di creatività che da sempre caratterizza il settore in Italia. Il conflitto in corso crea nuove incertezze nello scenario: al di là del peso sul nostro export di Russia e Ucraina, peraltro limitato a 36 milioni di euro (lo 0,5% dell’export del settore, di cui 25 milioni di Russia), sicuramente le imprese dovranno fare i conti con un incremento del prezzo dei preziosi, tradizionale bene rifugio, e con consumatori più prudenti, in particolare sui mercati europei. Le opportunità su altri mercati, in primis Stati Uniti e Cina, sembrano, al momento, meno compromesse, seppure in un quadro che resterà incerto”.